Oggi ho comprato dei colori. Ognuno ha i propri trucchi. Io compro colori. Ho passato ben dieci minuti a decidere se fossero meglio quelli con il tappo bianco rispetto a quelli con il tappo in tinta con il colore: pennarello verde e tappo verde, pennarello giallo e tappo giallo. Siccome quelli con il tappo in tinta me li ero comprati poco tempo prima, ho deciso di prendere quelli con il tappo bianco. Anche perché tanto la marca era sempre la stessa, una scadente, da pochi soldi. Ma a me non interessa mica tanto la marca, perché quando non ce li hai i soldi per comprare non puoi mica andare per il sottile, eh. Così li ho presi, quelli con il tappo bianco. In verità avevo preso tutto il pacco solo per un pennarello con una variazione di colore tra il viola e il blu e l’indaco che diceva prendimi, prendimi. E li ho presi. Pagato pochi soldi. Torno a casa e mentre aspetto che si accenda il pc per controllare la posta e gironzolare in rete prima di cena, scarto subito il pacco di pennarelli. Prendo il viola non viola quasi indaco e un foglio di carta. E lui non scrive. La punta di fibra è secca e lui non scrive. E io non mi arrabbio - che sono stufo anche di arrabbiarmi. Io penso che la vita è secca. E se questo non bastasse il supermercato in cui l’ho comprato riapre lunedì pomeriggio. Ma mi cambieranno i pennarelli se io mi presento senza neanche la scatola, tenendoli insieme con un elastico, perché la prima cosa che faccio è sparpagliare i nuovi colori e mischiarli, liberandoli dalla soldatesca regolarità della tonalità? E poi vai più veloce se ce li hai tutti sotto mano, invece che tirandone fuori ora uno, ora un’altro. Non credo che me li cambieranno. È inutile anche provarci. E ora mi ritrovo con questo pacco di colori invalido. Una definizione di invalido eccola: quando un colore fa cilecca. Posso regolare l’umore rispetto alla mia capacità di acquisto e all’affidabilità dei grandi distributori?
Odio quel pacco di colori. Lo odio profondamente. Sono passati molti giorni dal mio invalido acquisto. Penso ancora al fatto che i colori non vadano bene, siano inutilizzabili con il loro tappo bianco e la loro punta secca e dura. Tanto che ogni volta che provo ad usarli – perché io non mi rassegno mica e ci provo ancora ad usarli, ci provo e ci riprovo – mi aspetto che la punta si spezzi sul foglio di carta. Vorrei cominciare a fare scomparire i colori dentro di me. Uno per uno. Un tappo bianco dopo un tappo bianco. Cazzo, davvero, uno dopo l’altro dentro di me. Prendere e infilarmeli nella pancia attraverso l’ombelico e nascondere questo scempio, questo colore che non funziona, in modo così orribile, orribile. Diamine. Maledizione! Non è giusto. Non è per niente giusto. Perché non è che uno vuole tanto dalle multinazionali, dal mondo, dagli amici, dai parenti, dall’universo. Uno vuole poche cose. E tra queste vorrebbe avere fiducia nella sua misera capacità di acquisto. Cioè quando non sai che fare, se hai qualche soldo, al limite puoi sempre comprarti “qualcosina”, “un oggettino”, “una fesseria” e dire che la giornata è stata fruttuosa perché hai portato a casa qualcosa, hai fatto il tuo dovere, hai riempito lo spazio. Forse è un retaggio atavico da cacciatori preistorici. Forse siamo bestioni affamati tra colline di detersivi, promontori di barattoli e savane di caramelle colorate, che agitano le carte di credito come se fossero clave e le monete sono sassi lanciati con i portafogli fionde. E trappole, trappole appuntite fatte di date di scadenza e predatori venditori unghiuti e che ci annusano da lontano e ci disarmano con prodotti scadenti, acquattati tra le oasi dei buoni sconti e delle offerte speciali. Aspettano che gli antenati degli uomini vadano a cercare acqua e riposo per saltargli addosso e mangiarli, farne bocconi nel mezzo della loro tana costruita tra gli scaffali alti fino al cielo.
E dire che avrei potuto fregarmi anche un penna di quelle da tre euro l’una, che qualcuno aveva aperto il pacco e lo aveva lasciato lì in bella vista alla mercè di tutti. Ma io non mi fido. Ogni volta che accade qualcosa del genere, penso sempre che siano gli addetti alla sorveglianza che disseminano esche e trappole dove far cadere i piccoli predatori, i compratori di fascia bassa, dalla piccola capacità d’acquisto, i taccheggiatori dilettanti in cerca di un brivido passeggero per sentirsi più furbi del sistema. Così, niente, non l’ho presa la penna. Niente penna e niente violabluindaco o cosa sarà mai, perché non è che il colore che vedi di fuori dell’astuccio del pennarello, poi mica è uguale a quello che sarà sulla carta. No no no, non funziona mica così. E adesso dovrò prendermi un altro pacco di colori per sapere che colore era quello che sembrava essere violabluindaco. Ma già non ci riesco a pensare. Non ci riesco proprio a pensare ad andare a comprarmi un altro pacco di colori. Metti che tutta la partita è andata a male e che io compro un altro pacco di pennarelli, apro la scatola e anche quest’altro violabluindaco non funziona, che farei, allora, che farei? Credo che sarebbe troppo, davvero troppo, non lo sopporterei, mio dio, non lo sopporterei. Andrei fuori di testa. Davvero per lunghi giorni resterei depresso, depresso, depresso a pensare di farmi fuori infilandomi i pennarelli negli occhi per evitare di vedere i colori. Oppure potrei decidere di bendarmi. Sì, mi benderei e sarei felice dei colpi che prenderei girando per casa alla cieca per punire la mia stupidità. Le conseguenze sarebbero una catena continua di recriminazioni e ogni cosa vacillerebbe. Che cosa potrebbe resistere? Perché davanti il bancone dei salumi mi dovrei fidare di acquistare un prosciutto al posto di un altro? Come potrei decidere? Metti che arrivo a casa e quello risulta immangiabile? Che farei? Chi mi potrebbe tutelare da una possibilità del genere? Chi mi assicura che posso ritornare a fidarmi della grande distribuzione? La grande distribuzione, cazzo, mica hai detto niente. La grande distribuzione, tutta certezza, tutta certezza. Dico certezza. E se fosse un complotto? Potrei cambiare supermercato, certo, ma chi mi assicura che anche nell’altro non riceverei lo stesso trattamento? Non mi spaventa tanto il fatto che possa accadere ciò, o meglio mi spaventa quanto averne conferma. Quindi preferirei di certo continuare a fare acquisti nello stesso posto, cercando di trovare un modo per capire se ci sia la possibilità che lo stesso evento, che indebolisce la mia fede nella grande distribuzione, si possa ripetere due volte di fila in modo del tutto casuale. Questo sarebbe solo l’inizio. Perché se durante le mie ricerche capitasse qualcosa del genere, allora vorrebbe dire che c’è qualcuno che mi osserva e che ha preparato attentamente un piano contro di me. Un piano che è cominciato con i colori. Si sono detti: come fare a fregarlo a quello lì? Cominciamo da una cosa inaspettata, semplicesemplicesemplicissima. Cominciamo dai colori. Ed eccoli lì, tutti intenti a sostituire i pennarelli. Eccoli che tremano di agitazione, mentre io decido, ignaro davanti gli scaffali dei colori nel reparto cancelleria, che pacco prendere se quello con i tappi in tinta – pennarello verde e tappo verde - o quelli con il tappo bianco che spezza con la tinta del pennarello – pennarello verde e tappo bianco. E quando prendo il pacco giusto per loro, ma - ahimé - deragliante per me, sbagliato, sbagliatissimo per me, che sorridono e si stringono le mani sudate e danno il via all’operazione. Ma come, mi dico io, come hanno fatto a sapere il particolare del colore violabluindaco? Qualcuno ha fatto la spia? Hanno dei complici? È certo. Di sicuro qualcuno che conosce la mia passione per i colori. E ancora più a fondo qualcuno che sa bene che non resisto a queste tinte indecise, i colori di mezzo che stanno messi lì tra rossi e gialli, tra blu e celeste tra nero e grigio. Quei colori che trovi solo nei pacchi grandi da almeno 24 pezzi. Ma chi? Ma chi? Chi è stato a raccontargli tutto? Devo fare mente monolocale, cercare di ricordare, ricordare, ricordare chi possa essere stato. Mi guardo intorno. Sono solo a casa. Ma ciò non conta, perché probabilmente il tranello, l’inghippo è iniziato prima. Gli serviva il tempo sufficiente per preparare tutto, per pensare a come dovevano fare per incastrarmi, per farmi arrivare al punto di non fidarmi del salumiere, farmi arrivare al punto da fare in modo che il prosciutto crudo mi mandasse in crisi. Perché ora il prosciutto mi manda in crisi, capite, il prosciutto. Ma anche il caciocavallo, il dopobarba, i succhi di frutta – pesca? Saranno alla pesca? chi me lo assicura? chi? -, i biscotti, la nutella tutta da spalmare, il detersivo al limone per i piatti, la carta igienica pacco da quattro o dieci rotoli, i sorrisi dei commessi, le cosce scamorzate dal lavoro delle cassiere, le dita che picchiettano sui tasti, spingi il carrello, spingi avanti il carrello, spingi, spingi, imbusta tutto, riempi la busta, svuota la busta, consuma, mangia, mangia, coraggio un altro boccone. E le banane? Chi si fida più delle banane? E tutto a causa dei colori.
Maledetti, maledetti i colori e loro, anche, sì maledetti loro, quegli infidi che mi hanno teso la trappola in cui sono caduto come un acquirente d’acqua dolce. Ma chi sono loro? Dov’è la spia che li ha aiutati? Forse qualcuno sul lavoro? No, io lavoro da casa per la maggior parte del tempo. Ma certo, potrebbe essere qualcuno dei colleghi invidiosi, di quelli che stanno a lavorare come me, che fanno il mio stesso lavoro ognuno dalla propria tana. Certo, qualcuno di loro potrebbe essere, anzi di sicuro qualcuno è invischiato in questa storia. Ah, ne sono certo. Anche se non proprio per me, cioè non è che ha lavorato solo contro di me, ma credo che fosse già dentro questa organizzazione che crea insicurezza nelle persone, che le getta nella disperazione. Qualcuno di loro di certo ne era già parte. Faceva già questo altro lavoro schifoso. Anzi forse il lavoro, quello normale è una copertura. Sì! È una copertura. Normale, poi, che cosa dico! Normale! Normale! Come posso considerare normale qualcosa da oggi in poi. E lui che cosa considera normale? Di certo normale è il suo secondo lavoro, che poi per lui è il primo. E chissà come deriderà il mio di lavoro. Sì, mi deride e mi odia. Ma chi sarà tra i colleghi? Quello che tace sempre quando siamo in video conferenza e annuisce col capo al capoccia? O quello che scrive le email chiudendo con il suo nome con un colore diverso ogni volta? Sì. Lui potrebbe essere, certo, il colore della firma lo incastrerebbe. Ma sarebbe difficile portare davanti un giudice una prova del genere. Cioè, lui, l’infido bastardo, potrebbe sempre discolparsi, dire che lo fa sempre di colorare la firma in modo diverso ogni volta e magari, bastardo bastardissimo, avere prodotto altre email del genere con altre persone non indagate, non coinvolte nell’affare. Ma io dico che potrebbe sempre aver previsto tutto e temendo di essere scoperto da me, aver costruito un alibi ad hoc? Non sarebbe comunque troppo difficile giustificare una prova del genere, distruggere il suo alibi posticcio di fronte ad un procuratore, uno di quelli che non si ferma all’apparenza, alla prova provata. E se non fosse lui? Non va, non va, non sono sicuro che sia lui. Potrebbero essere tutti i colleghi messi insieme? Cosa lo vieta? Cosa lo vieta? Niente, niente lo vieta. E i miei amici? È possibile - ma allora mi devo ricordare di dissociare la parola amici dai loro volti, schifosi, vipere velenose da schiacciare. Sì, i miei amici ancora di più dei miei colleghi. Potrebbero essersi avvicinati a me appositamente mandati da qualcuno per fregarmi. Sì, può essere, certo certo, cosa lo vieta? Oppure potrebbero essere stati loro ad organizzare tutto. Si sono messi in contatto con questa organizzazione per danneggiarmi, anzi di più per farmi impazzire. Perché? Come perché, pensaci bene, pensaci. Certo, ecco, per rubarmi quello che ho. Per farmi andare in crisi, pazzo, pazzo e rubarmi tutto. Hanno messo in piedi questo complotto appena ci siamo conosciuti, tanti anni fa. Sì, la cosa non è cominciata oggi. Ne sono convinto.
Devo pensare. Devo pensare bene a quando tutto è cominciato e andare indietro nel tempo. Non devo avere pietà. Non devo tralasciare neanche il più piccolo dettaglio. Devo aspettare e capire bene prima di comprare ancora. Soprattutto prima di comprare ancora dei colori. Razionerò quelli che ho, li userò con parsimonia. Devo stare attento. Devo controllare tutto. Guardingo Z., non farti ingannare, non farti fregare ancora. Intanto che cerco di capire chi sia stato e cerco di ricordare, non posso correre dei rischi. Non posso essere fregato proprio adesso che comincio a capire, che li ho scoperti, adesso che il loro piano è partito e io mi trovo in mezzo a questa battaglia.
Chiusa la porta. Doppio giro di chiave. Chiusi i battenti delle finestre e il balcone. Per fortuna avevo il nastro isolante e ho tappato le fessure. La casa è a tenuta stagna, come in un sommergibile e io sono capitano Nemo. Immersione, immersione, uomini ai siluri, tirate fuori il periscopio, attivate il sonar. Se c’è qualcosa qui, se c’è qualcosa nella mia casa. Non mi sfuggirà. Cercherò con calma ovunque. Non ho fretta. Basta solo che controlli bene tutto, che stabilisca una procedura da seguire ogni giorno. Se non mi vedranno - sempre che non ci siano telecamere in casa - allora il loro piano si bloccherà? Non lo so. Ma forse così riuscirò a prendere tempo per pensare e ricordare. Andare indietro nel tempo. Con calma. Senza fretta. Ritornare bambino, fino a quando conobbi le prime persone. La mia famiglia. Pensare bene a tutto e a tutti, a tutto e a tutti per bene. Cercare di capire dov’è cominciata questa storia dei colori. Questa maledetta storia dei colori.
Odio quel pacco di colori. Lo odio profondamente. Sono passati molti giorni dal mio invalido acquisto. Penso ancora al fatto che i colori non vadano bene, siano inutilizzabili con il loro tappo bianco e la loro punta secca e dura. Tanto che ogni volta che provo ad usarli – perché io non mi rassegno mica e ci provo ancora ad usarli, ci provo e ci riprovo – mi aspetto che la punta si spezzi sul foglio di carta. Vorrei cominciare a fare scomparire i colori dentro di me. Uno per uno. Un tappo bianco dopo un tappo bianco. Cazzo, davvero, uno dopo l’altro dentro di me. Prendere e infilarmeli nella pancia attraverso l’ombelico e nascondere questo scempio, questo colore che non funziona, in modo così orribile, orribile. Diamine. Maledizione! Non è giusto. Non è per niente giusto. Perché non è che uno vuole tanto dalle multinazionali, dal mondo, dagli amici, dai parenti, dall’universo. Uno vuole poche cose. E tra queste vorrebbe avere fiducia nella sua misera capacità di acquisto. Cioè quando non sai che fare, se hai qualche soldo, al limite puoi sempre comprarti “qualcosina”, “un oggettino”, “una fesseria” e dire che la giornata è stata fruttuosa perché hai portato a casa qualcosa, hai fatto il tuo dovere, hai riempito lo spazio. Forse è un retaggio atavico da cacciatori preistorici. Forse siamo bestioni affamati tra colline di detersivi, promontori di barattoli e savane di caramelle colorate, che agitano le carte di credito come se fossero clave e le monete sono sassi lanciati con i portafogli fionde. E trappole, trappole appuntite fatte di date di scadenza e predatori venditori unghiuti e che ci annusano da lontano e ci disarmano con prodotti scadenti, acquattati tra le oasi dei buoni sconti e delle offerte speciali. Aspettano che gli antenati degli uomini vadano a cercare acqua e riposo per saltargli addosso e mangiarli, farne bocconi nel mezzo della loro tana costruita tra gli scaffali alti fino al cielo.
E dire che avrei potuto fregarmi anche un penna di quelle da tre euro l’una, che qualcuno aveva aperto il pacco e lo aveva lasciato lì in bella vista alla mercè di tutti. Ma io non mi fido. Ogni volta che accade qualcosa del genere, penso sempre che siano gli addetti alla sorveglianza che disseminano esche e trappole dove far cadere i piccoli predatori, i compratori di fascia bassa, dalla piccola capacità d’acquisto, i taccheggiatori dilettanti in cerca di un brivido passeggero per sentirsi più furbi del sistema. Così, niente, non l’ho presa la penna. Niente penna e niente violabluindaco o cosa sarà mai, perché non è che il colore che vedi di fuori dell’astuccio del pennarello, poi mica è uguale a quello che sarà sulla carta. No no no, non funziona mica così. E adesso dovrò prendermi un altro pacco di colori per sapere che colore era quello che sembrava essere violabluindaco. Ma già non ci riesco a pensare. Non ci riesco proprio a pensare ad andare a comprarmi un altro pacco di colori. Metti che tutta la partita è andata a male e che io compro un altro pacco di pennarelli, apro la scatola e anche quest’altro violabluindaco non funziona, che farei, allora, che farei? Credo che sarebbe troppo, davvero troppo, non lo sopporterei, mio dio, non lo sopporterei. Andrei fuori di testa. Davvero per lunghi giorni resterei depresso, depresso, depresso a pensare di farmi fuori infilandomi i pennarelli negli occhi per evitare di vedere i colori. Oppure potrei decidere di bendarmi. Sì, mi benderei e sarei felice dei colpi che prenderei girando per casa alla cieca per punire la mia stupidità. Le conseguenze sarebbero una catena continua di recriminazioni e ogni cosa vacillerebbe. Che cosa potrebbe resistere? Perché davanti il bancone dei salumi mi dovrei fidare di acquistare un prosciutto al posto di un altro? Come potrei decidere? Metti che arrivo a casa e quello risulta immangiabile? Che farei? Chi mi potrebbe tutelare da una possibilità del genere? Chi mi assicura che posso ritornare a fidarmi della grande distribuzione? La grande distribuzione, cazzo, mica hai detto niente. La grande distribuzione, tutta certezza, tutta certezza. Dico certezza. E se fosse un complotto? Potrei cambiare supermercato, certo, ma chi mi assicura che anche nell’altro non riceverei lo stesso trattamento? Non mi spaventa tanto il fatto che possa accadere ciò, o meglio mi spaventa quanto averne conferma. Quindi preferirei di certo continuare a fare acquisti nello stesso posto, cercando di trovare un modo per capire se ci sia la possibilità che lo stesso evento, che indebolisce la mia fede nella grande distribuzione, si possa ripetere due volte di fila in modo del tutto casuale. Questo sarebbe solo l’inizio. Perché se durante le mie ricerche capitasse qualcosa del genere, allora vorrebbe dire che c’è qualcuno che mi osserva e che ha preparato attentamente un piano contro di me. Un piano che è cominciato con i colori. Si sono detti: come fare a fregarlo a quello lì? Cominciamo da una cosa inaspettata, semplicesemplicesemplicissima. Cominciamo dai colori. Ed eccoli lì, tutti intenti a sostituire i pennarelli. Eccoli che tremano di agitazione, mentre io decido, ignaro davanti gli scaffali dei colori nel reparto cancelleria, che pacco prendere se quello con i tappi in tinta – pennarello verde e tappo verde - o quelli con il tappo bianco che spezza con la tinta del pennarello – pennarello verde e tappo bianco. E quando prendo il pacco giusto per loro, ma - ahimé - deragliante per me, sbagliato, sbagliatissimo per me, che sorridono e si stringono le mani sudate e danno il via all’operazione. Ma come, mi dico io, come hanno fatto a sapere il particolare del colore violabluindaco? Qualcuno ha fatto la spia? Hanno dei complici? È certo. Di sicuro qualcuno che conosce la mia passione per i colori. E ancora più a fondo qualcuno che sa bene che non resisto a queste tinte indecise, i colori di mezzo che stanno messi lì tra rossi e gialli, tra blu e celeste tra nero e grigio. Quei colori che trovi solo nei pacchi grandi da almeno 24 pezzi. Ma chi? Ma chi? Chi è stato a raccontargli tutto? Devo fare mente monolocale, cercare di ricordare, ricordare, ricordare chi possa essere stato. Mi guardo intorno. Sono solo a casa. Ma ciò non conta, perché probabilmente il tranello, l’inghippo è iniziato prima. Gli serviva il tempo sufficiente per preparare tutto, per pensare a come dovevano fare per incastrarmi, per farmi arrivare al punto di non fidarmi del salumiere, farmi arrivare al punto da fare in modo che il prosciutto crudo mi mandasse in crisi. Perché ora il prosciutto mi manda in crisi, capite, il prosciutto. Ma anche il caciocavallo, il dopobarba, i succhi di frutta – pesca? Saranno alla pesca? chi me lo assicura? chi? -, i biscotti, la nutella tutta da spalmare, il detersivo al limone per i piatti, la carta igienica pacco da quattro o dieci rotoli, i sorrisi dei commessi, le cosce scamorzate dal lavoro delle cassiere, le dita che picchiettano sui tasti, spingi il carrello, spingi avanti il carrello, spingi, spingi, imbusta tutto, riempi la busta, svuota la busta, consuma, mangia, mangia, coraggio un altro boccone. E le banane? Chi si fida più delle banane? E tutto a causa dei colori.
Maledetti, maledetti i colori e loro, anche, sì maledetti loro, quegli infidi che mi hanno teso la trappola in cui sono caduto come un acquirente d’acqua dolce. Ma chi sono loro? Dov’è la spia che li ha aiutati? Forse qualcuno sul lavoro? No, io lavoro da casa per la maggior parte del tempo. Ma certo, potrebbe essere qualcuno dei colleghi invidiosi, di quelli che stanno a lavorare come me, che fanno il mio stesso lavoro ognuno dalla propria tana. Certo, qualcuno di loro potrebbe essere, anzi di sicuro qualcuno è invischiato in questa storia. Ah, ne sono certo. Anche se non proprio per me, cioè non è che ha lavorato solo contro di me, ma credo che fosse già dentro questa organizzazione che crea insicurezza nelle persone, che le getta nella disperazione. Qualcuno di loro di certo ne era già parte. Faceva già questo altro lavoro schifoso. Anzi forse il lavoro, quello normale è una copertura. Sì! È una copertura. Normale, poi, che cosa dico! Normale! Normale! Come posso considerare normale qualcosa da oggi in poi. E lui che cosa considera normale? Di certo normale è il suo secondo lavoro, che poi per lui è il primo. E chissà come deriderà il mio di lavoro. Sì, mi deride e mi odia. Ma chi sarà tra i colleghi? Quello che tace sempre quando siamo in video conferenza e annuisce col capo al capoccia? O quello che scrive le email chiudendo con il suo nome con un colore diverso ogni volta? Sì. Lui potrebbe essere, certo, il colore della firma lo incastrerebbe. Ma sarebbe difficile portare davanti un giudice una prova del genere. Cioè, lui, l’infido bastardo, potrebbe sempre discolparsi, dire che lo fa sempre di colorare la firma in modo diverso ogni volta e magari, bastardo bastardissimo, avere prodotto altre email del genere con altre persone non indagate, non coinvolte nell’affare. Ma io dico che potrebbe sempre aver previsto tutto e temendo di essere scoperto da me, aver costruito un alibi ad hoc? Non sarebbe comunque troppo difficile giustificare una prova del genere, distruggere il suo alibi posticcio di fronte ad un procuratore, uno di quelli che non si ferma all’apparenza, alla prova provata. E se non fosse lui? Non va, non va, non sono sicuro che sia lui. Potrebbero essere tutti i colleghi messi insieme? Cosa lo vieta? Cosa lo vieta? Niente, niente lo vieta. E i miei amici? È possibile - ma allora mi devo ricordare di dissociare la parola amici dai loro volti, schifosi, vipere velenose da schiacciare. Sì, i miei amici ancora di più dei miei colleghi. Potrebbero essersi avvicinati a me appositamente mandati da qualcuno per fregarmi. Sì, può essere, certo certo, cosa lo vieta? Oppure potrebbero essere stati loro ad organizzare tutto. Si sono messi in contatto con questa organizzazione per danneggiarmi, anzi di più per farmi impazzire. Perché? Come perché, pensaci bene, pensaci. Certo, ecco, per rubarmi quello che ho. Per farmi andare in crisi, pazzo, pazzo e rubarmi tutto. Hanno messo in piedi questo complotto appena ci siamo conosciuti, tanti anni fa. Sì, la cosa non è cominciata oggi. Ne sono convinto.
Devo pensare. Devo pensare bene a quando tutto è cominciato e andare indietro nel tempo. Non devo avere pietà. Non devo tralasciare neanche il più piccolo dettaglio. Devo aspettare e capire bene prima di comprare ancora. Soprattutto prima di comprare ancora dei colori. Razionerò quelli che ho, li userò con parsimonia. Devo stare attento. Devo controllare tutto. Guardingo Z., non farti ingannare, non farti fregare ancora. Intanto che cerco di capire chi sia stato e cerco di ricordare, non posso correre dei rischi. Non posso essere fregato proprio adesso che comincio a capire, che li ho scoperti, adesso che il loro piano è partito e io mi trovo in mezzo a questa battaglia.
Chiusa la porta. Doppio giro di chiave. Chiusi i battenti delle finestre e il balcone. Per fortuna avevo il nastro isolante e ho tappato le fessure. La casa è a tenuta stagna, come in un sommergibile e io sono capitano Nemo. Immersione, immersione, uomini ai siluri, tirate fuori il periscopio, attivate il sonar. Se c’è qualcosa qui, se c’è qualcosa nella mia casa. Non mi sfuggirà. Cercherò con calma ovunque. Non ho fretta. Basta solo che controlli bene tutto, che stabilisca una procedura da seguire ogni giorno. Se non mi vedranno - sempre che non ci siano telecamere in casa - allora il loro piano si bloccherà? Non lo so. Ma forse così riuscirò a prendere tempo per pensare e ricordare. Andare indietro nel tempo. Con calma. Senza fretta. Ritornare bambino, fino a quando conobbi le prime persone. La mia famiglia. Pensare bene a tutto e a tutti, a tutto e a tutti per bene. Cercare di capire dov’è cominciata questa storia dei colori. Questa maledetta storia dei colori.
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