giovedì 1 maggio 2008

Increduli

Increduli Siamo affamati, disoccupati, del tutto increduli. A casa siamo io, la nonna, mia sorella e mia nipote. Siamo gli unici rimasti – ma non so dire per quanto ancora. I miei genitori sono spariti anni fa. Non morti. Spariti. Una mattina non c’erano più e basta. Ci siamo svegliati uno dopo l’altro, finché a colazione mancavano solo loro. Abbiamo mangiato come sempre e abbiamo mangiato anche la loro parte e poi abbiamo chiesto alla nonna che cosa avremmo dovuto fare ora: «Sparecchiate e poi vestitevi per andare a scuola!». Sapevamo di questa storia delle persone che se ne vanno, soprattutto nella nostra famiglia, ma non sapevamo che cosa facevano quelle che restavano. Così sparecchiammo e andammo a scuola, tutto qui: come sempre, come se ciò che succedeva la prima volta fosse sempre accaduto. Così successe anni dopo con i genitori dei nostri nipoti, nostro fratello con la sua moglie e le gonne corte, che andarono via con il camper di famiglia e lasciarono i loro due bambini a noi altri che ci ritrovavamo in cucina con altre sedie vuote e il piatto più pieno. A casa siamo tutti, in un modo o nell’altro, orfani e abbandonati. Come i cani randagi stiamo insieme per sopravvivere. Non sappiamo perché continuiamo a stare insieme mentre tutti se ne vanno, ma non abbiamo fiducia che la cosa possa durare. Sappiamo già che niente dura e questo ci dà una certa tranquillità, ci fa avere un’aria rilassata, sognante. Chi diventa padre, madre, ha gente di cui avere cura, da fargli da mangiare, così prende e parte. Ma la banale fuga dalle responsabilità non è la regola. Così come la meno banale fuga dalla pianificazione pluriennale di debiti prossimamente futuribili, cioè i figli. Nemmeno la fame fa dovere di tagliare la corda – che a dividerla in tanti è sempre meglio. Anche quelli come mio nipote che sono soli e si procurano facile il mangiare, prendono e partono. Così come alcuni hanno lasciato detto qualcosa come pretesto o solo gli è sfuggito di bocca mentre prendevano la porta, di partire per raggiungere ragioni e spiegazioni. La regola è partire, solo partire. Di tutta la famiglia solo la nonna ha fatto eccezione a questa regola, ma se gli chiedi il perché, non te lo sa dire, credo che non riuscirebbe a rispondere. Non pensate, però, che io l’abbia mai fatto. Allora avevo paura che si arrabbiasse e ho paura ancora che si arrabbi e, ancora peggio, ho paura di quello che potrebbe raccontarmi su quelli che se ne sono andati. Provate a farlo voi se ne avete voglia e coraggio e se capitate da queste parti. Le domande nemmeno ci vengono in mente a noi – le cose accadono e non parlarne è come digerirle. Nonostante le continue sparizioni, spesso non abbiamo nulla da mangiare e mi dico che mandare giù qualcosa tiene in allenamento almeno lo stomaco. Penso che anche la testa stia a macerare qualcosa, perché siamo sempre confusi, distratti, intontiti. A volte guardo gli altri come quelli di cui mangerò la colazione, ma l’ho detto: non ci penso nemmeno di chiedere cose tipo “e tu quando parti?”. Per fortuna adesso saltiamo anche la colazione e il problema è bello che risolto.
Noi che restiamo qui, mastichiamo silenzio e rimuginiamo senza sapere bene cosa. Restiamo qui e basta, senza fare niente di niente. Non lavoriamo, non studiamo, non fissiamo appuntamenti a nessuno, né qualcuno ci viene a trovare. Non frequentiamo club sportivi, associazioni, feste popolari, partiti politici, convegni, presentazioni, vernissage, musei, mostre, funerali, matrimoni – e se ci vedete da quelle parti, allora state certi che è per scroccare pranzi cene colazioni e se avete fame e ci vedete allora sapete che lì forse c’è da mangiare. Non crediamo nemmeno in niente. Non frequentiamo chiese, parrocchie e moschee, né tanto meno ideali, anzi ce ne teniamo bene alla larga. Perché metti che credi a qualcosa e poi resti deluso? Chi te lo fa fare? Chi vuole essere disturbato durante la sua digestione, soprattutto se ti stai digerendo lo stomaco? L’ho detto: siamo affamati, disoccupati, del tutto increduli.

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